ARTISTA Antologia Paolo Fossati

Paolo Fossati


Die Operette: l'operetta, music hall, forse meglio il cabaret, genere sdrammatizzato, erbario, fattaccio, catalogo, rintellettualizzato, anche di citazioni di sé (Nespolo 1959 in Nespolo 1973, e 1964 magari, aerei, pani, spade e spadini e spadoni verso 1974, proprio nel mezzo dell'età dell'acquario) o magari cataloghi di contaminazioni e interpolazioni di sé e di altri (Marcel, o magari, vietati i restauri, tutta d'un pezzo, visita alla vecchia signora, di persona, L'Avanguardia) e cosi via.

Naturalmente in prima linea i luoghi deputati: il Tempio, avanti tutto, poi il "gilet" e, infine, la scacchiera, vecchio ircocervo, da Lewis Carroll, parte seconda Alice è ormai oltre lo specchio, come per Duchamp (ancora una volta) parte seconda o terza dopo il Gran Vetro. In ogni caso fra sé e la storia, i tic, le attitudini o le esperienze, non c'è il gioco, ma il vetro; e ogni pezzo, come le vecchie bandiere, o i bastoni da passeggio sta chiuso in teche. in bottiglie, in fiale, in scatole. Ancora gli scacchi.
Ancora gli scacchi, e vedi Manganelli, «occorre ancora ricordare che questo gioco arcaico, matematico, simbolico non ha nulla dello sport: non produce campioni fatti di carne di manzo, non è cordiale, è silenzioso, maniacale, malsano, genera nevrotici protagonisti di freddo sogno di simboli e tornei, di numeri e di re».

Poi, citando di seguito, alabastro, malacca, ricami. I fantasmi di un'arte ricca? O più umilmente una esattezza esecutiva che non perde un colpo e si fa avanti concisa, sparuta e non travolgente? Proprio: precisa, esatta, senza sbavature: la memoria al suo posto, la figura ricucita perfettamente, il quadro a punto croce o assisi, o ombra o catenella, o, magari, a punto nespolo, e cosi via — il che vuoi dire magari fare il punto, confezionare, farlo da sé, ma fare.

«Tutto è contenuto nella pagina», qui citiamo da una citazione per gusto di tautologia, «cui obstano le tabulature e gli specchietti degli informatissimi, dei "vicini": la forza simbolica del testo non corrisponde alle intenzioni allegoriche di cui possa serbare notizia». Infine, appunto, la tautologia. E riassumiamo: primo i luoghi deputati, non i temi o i motivi soltanto, quindi; inoltre, materiali e artigianesca fattualità, senza surrealtà alcuna al gesto di agucchiare marmorizzare e costruire; infine, leit motiv, questa tautologia costruita, ripetendoci, su intenzioni totalmente simmetriche.
Sfogli come vuole il libretto, chi lo sfoglia è sempre, per simmetria, allo stesso punto: e passi l'ironia, passi la lucidità (ma che gioco c'è da fare se tutti i giochi son fatti e tutti son stati giocati?), passi la fantasia. Come nel favolello medievale, dove per addormentare il principe (va da sé: un principe) il narratore numera le cento e cento e cento pecore che transitano da sponda a sponda: ne passa la prima, ne passa la seconda, passa la terza, la cinquantasettesima. E cosi via. Chi si illudesse che la favola non ha bon mot finale, avrebbe ragione.

(Testo dal catalogo della Mostra Ugo Nespolo, alabastro argento avorio ebano lacca smalto, Galleria Blu, Milano, 1974)