ARTISTA Antologia Tommaso Trini

Tommaso Trini

Nespolo, l'acculturazione

Con una «assemblea generale» delle sue ricerche oggettuali, Ugo Nespolo ha «occupato» la milanese galleria Schwarz, che si apre cosi alla poetica dell'oggetto estroverso. Nespolo - che lavora a Torino ma è attivo anche a Milano con il gruppo Fluxus - ha realizzato i temi correnti elementari-strutturali in una brillante chiave «critica». È la verifica, attraverso una serie di operazioni critiche condotte sugli elementi della sua azione, di certi schemi dell'arte oggettuale in genere.
Nell'accumulo della sua mostra-collage, un inventario di cose e idee eccessivamente a ridosso le une dell'altre, tale verifica interessa sia gli strumenti (materiali, tecniche, spazio e struttura, moduli formativi) sia il loro uso ed effetto. Con una mediazione intellettuale che lo distingue da altri strutturalisti elementari, Nespolo interviene sulla ragione delle cose più che sulle cose stesse. Ha inventato «pseudo-materiali» che aggiungono l'artificio all'artificiale; ha costruito una macchina per trasportare l'aria e un telefono per comunicare il ronzio del suo interno alimento, l'elettricità; ha coordinato lo spazio con barre metalliche a guisa di putrelle, e con le stesse crea «environments» che sono ostruzioni, barriere.
Punta così sull'estraniazione: è il controllo degli «effetti», provocati con senso di eversione. Un parallelepipedo di scatole in legno accatastate rimanda a una struttura primaria: ma ecco le morse da falegname, gli strumenti del fare allegati, che ribaltano i dati formali in riferimenti costruttivi. Oppure vediamo un nastro serpeggiare, segreto e inerte, tra due contenitori, entro i quali si arrotola e srotola se solo accettiamo di manipolare questa scultura-gioco e il suo implicito erotismo. L'effetto estraniante è ancora più patente nei «puzzles» appesi al muro come quadri e le cui tessere risultano inamovibili.

Costruire, dunque, significa per Nespolo inserirsi entro il meccanismo di azione-reazione.
Tra il prelievo: di ceste di vimini, di rete da ping-pong, di cartoncini compressi o disposti a schedario, e la funzione del nuovo oggetto, a lui interessa il momento della trasformazione; tra il possedere e l'usare, sottolinea il conoscere. Ma le ceste di vimini sono anche fasciate di colore; gli ironici «schedari» sono contenitori dall'aria chiaramente démodée; la dichiarazione d'oggetto d'arte domina ovunque. Stimolato da una fresca ricettività, Nespolo tende subito ad acculturare percezioni non decantate.
Mantiene nella maggioranza dei lavori la presenza di quel diaframma tra fare e pensare, il riflesso dell'acculturazione, che la corrente in cui si è inserito intende eliminare.

(Rivista Carta Bianca, anno 1, n.ro 1, marzo 1968, Istituto Grafico Tiberino, Roma)