ARTISTA Antologia Furio Colombo

Furio Colombo

Un'intuizione americana

Contro ogni apparenza Nespolo non è un pittore figurativo della realtà. Il clima di gioco e i toni di fiaba non devono essere sottovalutati. Nespolo usa le forme (ombre, sagome, silouette, figure umane, definizioni di spazi in interni) al modo in cui Calvino usa il linguaggio, ingannevole realismo prodotto in laboratorio per un genere di alto artificio. Calvino, lo sappiamo, ha in mente un paesaggio di concetti e li camuffa di narrazione. Narrativo è il suo aggancio, il treno che muove la storia, che però non è una storia di eventi.
Le figure in Nespolo sono parte di un esperimento che la grazia istintiva traveste nella forma del gioco, ripulisce e definisce con accanito perfezionismo. Ma l'operazione è alquanto più complicata. Il « puzzle » - tecnica costruttiva di molte sue storie - dovrebbe essere una prima rivelazione. Tutto è concepito come montaggio, nel mondo di Nespolo e la scelta di questo espediente ci indica intanto i limiti che l'autore impone alla sua libertà, come dire: le regole del gioco.
Il puzzle è allo stesso tempo un percorso arbitrario (Nespolo è l'autore del puzzle) e una necessità (una volta deciso il gioco dell'incastro dei pezzi, quel gioco viene condotto scrupolosamente al suo compimento). Questa dunque è la misura della moralità (coerenza, consistenza) di Nespolo artista: compone con rigore ma all'interno di un gioco che ha costruito lui stesso.
E' uno che si muove con leggerezza, col tocco lieve di chi sembra pensare che qualunque cosa si può trasformare in gioco. Ma l'esecuzione minuziosa, quasi ossessiva sembra rovesciare questa premessa. Il tocco frivolo e allegro, il sorriso rivolto al pubblico, il completamento del gesto che appare privo di peso, copre una fatica da acrobata eseguita con matematica precisione. In un gioco come questo i trucchi lungo il percorso sono moltissimi, ma non alla fine. Alla fine tutto riesce. O niente. Poiché riesce, e continua a sorridere al pubblico, Nespolo mantiene attenzione. E bisogna occuparsene. Per esempio: quali sono i suoi rapporti con le altre arti visive? Come i suoi contemporanei Nespolo pensa al cinema e alla fotografia. Meglio, pensa al fotogramma del film, istante tratto da una sequenza. Vuole la composizione ma anche il movimento e chiede che la cosa (l'immagine, la visione) sia viva. Qui il critico può forse offrire un chiarimento all'artista. Non è tanto il cinema che incanta Nespolo (benché sappiamo come lo ha praticato), è il teatro. E non la forma pratica, ma l'idea di teatro, l'istante in cui si rivela per la prima volta una scena, le luci un po' troppo intense, gli sbalzi dei piani diversi (più vicino, più lontano, più nero, più in luce). E la meraviglia. C'è una vena nella cultura europea per questo incanto, da Frank o Wedekind a Körmendi, dalla grazia dettagliata della o Vienne Moderne ai modellini in scala (edificio, spaccato, interni) della Bauhaus. Con Nespolo però, a partire da questo incanto, il discorso continua. Le superfici? Sono morbide, levigate come un giocattolo, perfette come se dovessero servire una funzione delicatissima, penetrare attraverso spazi calibrati con rigore e dolcezza.
L'arte come macchina per produrre l'arte (cioè bellezza) è una tradizione che è rimasta ben radicata nella memoria d' artista di Nespolo. Se mai è un dato curioso, da annotare criticamente. C'è il salto di un paio di generazioni, più disperate e latine, nella ricerca del nuovo-bello. C'è il tener d'occhio, anche nella tecnica del manufatto, una certa Europa «moderna». Poi ci sono le linee lungo cui Nespolo conduce la sua ricerca di forme e compone la sua collezione d'immagini. Sono immagini libere, tenere e frivole. Fino a quando l'osservazione più attenta rivela il rapporto fra autore, materiali, visione e strumenti. Risalendo la sequenza di motivazioni e di gesti che i suoi lavori in parte rivelano, si raggiunge il punto o il momento che un romantico (o uno psicologo, ma con diverse intenzioni) chiamerebbe «l'ispirazione».
Il «periodo americano» - che in Nespolo si rappresenta con una più forte intensità della luce e con spazi più larghi - è un buon osservatorio per il modo di produzione di questo artista. L'incantamento si trasforma in lavoro e il lavoro conta su due ingredienti, «craft» e memoria. Ovvero: pura fedeltà e totale invenzione, cronaca e favola.
A questo punto dobbiamo tenere conto di un dato in più nel mondo di Nespolo. Si vede bene la persuasione (che è insieme gioco e mania, oppure gioco come liberazione dalla mania) che ogni cosa è contenuta in un altra cosa, che il mondo è una serie di teatrini uno dentro l'altro, uno a far spettacolo per l'altro e l'autore che sa benissimo di essere allo stesso tempo attore e spettatore, creatore di un teatro e parte dello spettacolo di un altro teatro, istante di una sequenza che sarebbe festosa se non fosse anche misteriosa, difficile da controllare, con una richiesta continua di sforzo per la doppia, tripla performance (autore, regista, pubblico). Di qui l'ossessione per il dettaglio, quella passione di rifinire che molti (affettuosamente o no) definiscono in lui artigianale, che probabilmente dipende - se è vera questa visione - dal suo non fidarsi della parte di spettatore che lui non controlla. Dunque il perfezionismo è una filosofia della vita, un gesto insieme umile e grandioso della propria collocazione lungo l'intricato susseguirsi dei teatrini.
Poiché Nespolo domina le sue ossessioni (che è poi la differenza fra la mania e l'arte) e poiché a quelle ossessioni sa di dover ubbidire, il suo esorcismo è montare la scena del suo teatro e mostrarle: il quadro dentro la stanza, la stanza dentro il museo, la stanza, il quadro, la persona e il museo dentro la città, persino la città come interno. Ecco che cosa da forza alla sua intuizione americana. Con uno di quei suoi salti leggeri e mortali, difficilissimi e semplici, compie in un gesto il lavoro di una collezione di studi, ricerche e statistiche: la città come interno, la strada-pavimento, l'automobile-casa, la nuvola-tenda, il grattacielo decorazione...
Il gioco continua.

(Testo nel volume – edito in 1000 copie + 100 con serigrafia originale realizzata dalla Serigrafia Bisi di Torino, Un'intuizione americana, Edizioni Luisella d'Alessandro, maggio 1983)